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Determinate spese, come le somme impiegate per l'acquisto della casa, la rata del mutuo o il contratto di affitto, fanno scattare gli accertamenti fiscali ed il “redditometro”.
Quest'ultimo non è altro che un algoritmo che misura le spese sostenute dal contribuente nello stesso anno e le confronta col reddito dichiarato.
Qualora le spese sostenute dal contribuente nel corso dello stesso anno vadano oltre il 20% dei guadagni riportati sulla dichiarazione dei redditi, il contribuente viene chiamato a spiegare come è riuscito a garantirsi un tenore di vita più alto rispetto a quello che le sue possibilità economiche gli permetterebbero.
Nel database dell’Agenzia delle Entrate finiscono tutti gli acquisti fatti con codice fiscale o partita Iva. La casa è uno di quei beni che tipicamente possono insospettire l’Agenzia delle Entrate, in quanto il fisco viene a conoscenza dell’acquisto nel momento in cui questo viene riportato nei pubblici registri immobiliari.
Anche i mutui ed i contratti di affitto finiscono nel database dell’Agenzia delle Entrate. In particolare, nel caso dei mutui, qualora la rata risultasse sproporzionata rispetto al reddito dichiarato dal contribuente, il fisco potrebbe insospettirsi.
Per quanto riguarda, invece, i contratti di affitto, al momento della registrazione il contratto di locazione finisce direttamente negli archivi del fisco e viene “agganciato” al nominativo del contribuente attraverso il suo codice fiscale. Pertanto, un canone di affitto troppo elevato, in quanto non giustificato dal reddito dichiarato, potrebbe far scattare gli accertamenti fiscali.
È necessario, inoltre, fare attenzione a tutte quelle spese scaricate dalle tasse. Ad esempio, le spese sostenute per ristrutturazioni, leasing immobiliari e così via, qualora vadano oltre il reddito dichiarato, possono far scattare i controlli.
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