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Assegni privi della clausola di non trasferibilità
Un assegno trasferibile è un assegno pagabile a vista a colui che lo esibisce per l’incasso. Questa caratteristica lo rende equivalente ad un pagamento in contanti, pertanto il suo utilizzo viene scoraggiato dalla normativa vigente, in quanto l’apposizione del nome del beneficiario e l’utilizzo della clausola di non trasferibilità assicura la piena tracciabilità della transazione.
Tuttavia, è possibile utilizzare assegni privi di tale clausola, regolarmente compilati mediante l’apposizione del nome del beneficiario, solo ed esclusivamente per il pagamento di importi inferiori a euro 1.000. Al contrario, per importi pari o superiori a 1.000 euro bisogna sempre verificare che l’assegno rechi la scritta “non trasferibile”. Qualora si posseggano ancora libretti di assegni rilasciati da banche e Poste Italiane prima del 2008 in “forma libera”, si possono comunque utilizzare previa apposizione, da parte del traente, all’atto di emissione dell’assegno, della dicitura “non trasferibile” e del nominativo del beneficiario.
La normativa antiriciclaggio impone alle banche e a Poste Italiane il rilascio di carnet di assegni (bancari o postali) muniti della clausola di non trasferibilità (articolo 49 comma 4 d.lgs. 231/2007), anche se assegni privi di tale clausola (“in forma libera”) possono essere espressamente richiesti mediante il pagamento di un'imposta di bollo di € 1,50 per ogni assegno.
Che succederebbe qualora si utilizzassero assegni trasferibili per importi pari o superiori a euro 1.000?
Attenzione, perché le sanzioni sono molto salate!
Si prevedono:
una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 a 50.000 euro. Per le violazioni commesse e contestate dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021 il minimo edittale è fissato a 2.000 euro. Per le violazioni commesse e contestate a decorrere dal 1° gennaio 2022, il minimo edittale è fissato a 1.000 euro .
per le violazioni d’importo inferiore a 30.000 euro, qualora ricorrano le circostanze di minore gravità della violazione accertate ai sensi dell'articolo 67 del d.lgs. 231/2007, la sanzione minima è pari al 10 per cento dell'importo trasferito mediante l’utilizzo di assegni irregolari. La previsione assicura che la sanzione amministrativa pecuniaria e la relativa oblazione siano ragionevoli e proporzionate rispetto al valore dell’operazione posta in essere in violazione delle norme.
E se si utilizzasse un assegno trasferibile per mero errore?
È importante sapere che il soggetto incolpato può decidere di contestare l’oblazione con la possibilità anche di ottenere, laddove ne ricorrano gli estremi, un provvedimento di proscioglimento totale o l’irrogazione di una sanzione più bassa dell’oblazione. Inoltre, è possibile che, sulla base delle giustificazioni prodotte dall’interessato, non venga emessa alcuna sanzione ma un provvedimento di proscioglimento. E’ chiaro, però, che questa procedura non è affatto la più semplice, in quanto devono esserci realmente le condizioni per appellarsi alla buona fede. Infatti, con le precedenti disposizioni (quelle in vigore fino al 3 luglio 2017) l’oblazione era pari al 2 per cento dell’importo e risultava ‘vantaggiosa’: per tale motivo la maggior parte dei procedimenti venivano definiti con l’applicazione di oblazioni irrisorie, cosa che rendeva il sistema sanzionatorio scarsamente dissuasivo per le attività illecite di riciclaggio.
A chi rivolgersi?
L’Ufficio a cui rivolgersi per le pratiche in corso è l’ufficio della Ragioneria Territoriale dello Stato che ha notificato all’incolpato l’atto di contestazione degli addebiti. L’elenco completo delle Ragionerie territoriali dello Stato e i rispettivi ambiti territoriali individuati per l'applicazione delle sanzioni è disponibile sul sito della Ragioneria Generale dello Stato.
Fonte: Assegni privi della clausola di non trasferibilità - http://www.dt.mef.gov.it/ : Sito del Dipartimento dell’Economia e delle Finanze
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